racconto di Nuria

In questi anni, alcuni e alcune di noi hanno scritto delle cose, raccontando impressioni, ricostruendo ricordi e descrivendo emozioni.

C’era qualcosa nella città di Milano. Qualcosa per me. Qualcosa che mi chiamava e che avrebbe condizionato le prossime decisioni di vita permettendomi di prendere la strada giusta. La strada che voglio, che desidero, che mi rende felice; la continuazione della mia strada.
Appena tornata dall’America, emozionata e carica di energia, decido di andare a trovare i miei cari amici di Milano, città dove ho vissuto per quattro mesi prima del “lungo viaggio”. I musicisti che suonavano davanti a Porta Ticinese, le passeggiate lungo i navigli, la multiculturalità sociale, il profumo che usciva dai numerosi ristoranti e soprattutto l’armonia
cantata dalle parole della gente mi faceva sentire la voglia di farne parte.
Una sensazione. Mi bastava quella sensazione che arriva prima di prendere una decisione nuova, importante; una sensazione basata su un brivido meraviglioso che mi spinge a fare qualsiasi cosa io desideri.
Ed è arrivata. Davanti ai miei occhi c’era solo il Naviglio Pavese, intorno niente. Io e il mio brivido speciale.

  • Rimani! Rimani a Milano! qua c’è qualcosa per te…
    Decisione presa.
  • Mamma, ho deciso di nuovo. Riprendo il volo e ritorno a Milano. Per curiosità.
    Un anno era passato e ancora avevo in mente “quella sensazione”.
    Ero andata a diverse scuole che mi sembravano interessanti, ho incontrato delle belle persone con progetti in via di sviluppo e mi hanno dato anche l’opportunità di realizzare un piccolo colloquio in una realtà che non avrei saputo descrivere con una semplice parola.
    Non c’era bisogno di me.
    D’altra parte, c’erano tante cose da imparare e se neanche “quella sensazione” mi accompagna sempre, non vedevo “qualcosa per me”.
    Un giorno, una chiamata per niente aspettata, mi fa squillare il cellulare.
  • Una prova. Vogliamo che tu venga a fare una mattina di prova con noi nella nostra realtà perché ci serve la figura di una maestra.
    Eccola! Era arrivata! Alla fine! Tornavo a sentire quel brivido fantastico che mi riempiva di motivazione! Volevo conoscere tutto su quell “progetto educativo” e soprattutto non vedevo l’ora che arrivasse il giorno di incontrarmi con i bambini e le bambine.
    Soprasotto!

Un progetto dove piccoli e grandi si confrontano ogni giorno per farlo diventare ancora più bello di quello precedente.
Un progetto dove l’organizzazione tra le persone che lo frequentano è essenziale.
Un progetto pieno di condivisione, di empatia e rispetto.
Un progetto in interazione piena e permanente con il quartieri che lo circonda.
Un progetto con carattere critico e responsabile per la sua attuazione.
Un progetto sensibile, empatico e fortemente legato alla realtà e al momento storico attuale.
Un progetto liberatorio!
Tutti questi ingredienti che si percepiscono frequentando il laboratorio, fanno di Soprasotto, adesso ed ora, la mia “desiderata sensazione”.