In questi anni, alcuni e alcune di noi hanno scritto delle cose, raccontando impressioni, ricostruendo ricordi e descrivendo emozioni.
Ricordo quell’incontro a metà giugno. Lei che mi dice: senti ho questa idea. Concretamente ce la facciamo? Io che la guardo e mi vedo tutto il mio percorso fino ad adesso. Non lo so se potrei essere capace, penso. Per anni ho giudicato quel tipo di sistema, l’ho criticato, me ne sono lamentata e ho provato a immaginare un altro modello. Questo poteva essere il tempo giusto per mettere in discussione tutta una serie di logiche che volevo capovolgere.
Davanti a me ho Maddalena, la mamma di Ugo, che come tanti altri bambini di Milano è stato escluso dalle graduatorie dei nidi del comune. Lei è determinata ed io mi dico che è giusto provare. Iniziamo ad informarci per partire. Non è così semplice, fa caldo, le scuole sono chiuse e la Milano delle famiglie fugge al mare. Organizziamo degli aperitivi pubblici in cui raccontiamo il progetto: vogliamo uno spazio dove genitori crescano insieme ai propri figlie pur mantenendo la propria integrità di persona. Il problema che mi stava più a cuore era poter organizzare e strutturare insieme ad una comunità di famiglie, una scuola adatta a bambini e genitori e nel modo che ci apparteneva meglio considerando anche le dinamiche del lavoro. Dopo due incontri che riscuotono molto interesse nel quartiere, a settembre ci ritroviamo a fare i lavori e a capire chi se la sente davvero di cominciare.
Stiamo costruendo Sottosopra, uno spazio di autogestione educativa formato dalle famiglie e me.
La mia avventura parte con Ugo, Ettore e Gabriele le loro mamme e i loro papà il 7 ottobre del 2013. A febbraio saranno poi dei nostri anche Milo ed Emil con le loro famiglie. Ero un pò spaventata (a tratti lo sono tutt’ora). Mi dicevo che l’inserimento lo stavamo facendo tutte e tutti: i genitori che per la prima volta si staccavano realmente dalle loro pargoli, Ugo Ettore e Gabriele che dovevano abituarsi ad un luogo nuovo ed ad una nuova figura di riferimento che ero io e anche io, che per la prima volta mi inserivo in un contesto completamente diverso da quello in cui ero abituata, senza una dirigenza, un’ equipe ed un’ausliaria. Per una volta ero tutto io!
Ora posso dire che questa esperienza riesce a darmi ogni giorno stimoli nuovi, posso dire che sto imparando molto da queste piccole e questi piccoli gnomi, che ho trovato una collega fantastica con cui sono in perfetta sintonia e questo fa tanto bene a tutto il gruppo.
Ho sentito forte il bisogno di avere questo spazio per poter costruire e per poter sbagliare.
Sento ogni giorno il bisogno di provare a non alimentare quella dinamica di dislivello tra adult* e bambin* che ero abituata a respirare nei vecchi contesti. Ho la necessità di instaurare un rapporto paritario e di crescita con queste bambine e questi bambini che stanno mettendo la loro fiducia nelle nostre mani.
E anche di essere parte insieme a i genitori di un processo di condivisione, che vuol dire sia mettersi in gioco che avere compiti e responsabilità rispetto al progetto. Un esempio banale per il quale però mi sento un ‘educatrice fortunata, è che tutte le famiglie cucinano a turno, scambiandosi consigli e seguendo percorsi mirati, ed io. oltre ad una dieta sana e corretta mangio una pappa sempre genuina e freschissima (in barba alla Milano Ristorazione).
Tutto questo percorso si basa molto sulla fiducia reciproca ed i rapporti, seppur non ci conosciamo realmente ed ognuno ha vite differenti, sono comunque diventati molto intimi e quotidiani per cui per me, da educatrice, anche il momento del colloquio individuale con le famiglie, assume un significato diverso rispetto a come ero stata abituata. Il rapporto è sicuramente più informale e più intimo, e seppur rispettando i ruoli avviene in modo molto rilassato e diventa scambio e crescita da entrambe le parti.
Soprasotto è un luogo di costruzione di buone pratiche sociali, che viene portato avanti da tutte e tutti i partecipanti e spero che questa esperienza possa essere un modello anche a fronte di un ripensamento del sistema educativo sin dalla primissima infanzia.
In questi anni, alcuni e alcune di noi hanno scritto delle cose, raccontando impressioni, ricostruendo ricordi e descrivendo emozioni.
Ricordo quell’incontro a metà giugno. Lei che mi dice: senti ho questa idea. Concretamente ce la facciamo? Io che la guardo e mi vedo tutto il mio percorso fino ad adesso. Non lo so se potrei essere capace, penso.
Per anni ho giudicato quel tipo di sistema, l’ho criticato, me ne sono lamentata e ho provato a immaginare un altro modello. Questo poteva essere il tempo giusto per mettere in discussione tutta una serie di logiche che volevo capovolgere.
Davanti a me ho Maddalena, la mamma di Ugo, che come tanti altri bambini di Milano è stato escluso dalle graduatorie dei nidi del comune. Lei è determinata ed io mi dico che è giusto provare. Iniziamo ad informarci per partire.
Non è così semplice, fa caldo, le scuole sono chiuse e la Milano delle famiglie fugge al mare. Organizziamo degli aperitivi pubblici in cui raccontiamo il progetto: vogliamo uno spazio dove genitori crescano insieme ai propri figlie pur mantenendo la propria integrità di persona. Il problema che mi stava più a cuore era poter organizzare e strutturare insieme ad una comunità di famiglie, una scuola adatta a bambini e genitori e nel modo che ci apparteneva meglio considerando anche le dinamiche del lavoro. Dopo due incontri che riscuotono molto interesse nel quartiere, a settembre ci ritroviamo a fare i lavori e a capire chi se la sente davvero di cominciare.
Stiamo costruendo Sottosopra, uno spazio di autogestione educativa formato dalle famiglie e me.
La mia avventura parte con Ugo, Ettore e Gabriele le loro mamme e i loro papà il 7 ottobre del 2013. A febbraio saranno poi dei nostri anche Milo ed Emil con le loro famiglie.
Ero un pò spaventata (a tratti lo sono tutt’ora). Mi dicevo che l’inserimento lo stavamo facendo tutte e tutti: i genitori che per la prima volta si staccavano realmente dalle loro pargoli, Ugo Ettore e Gabriele che dovevano abituarsi ad un luogo nuovo ed ad una nuova figura di riferimento che ero io e anche io, che per la prima volta mi inserivo in un contesto completamente diverso da quello in cui ero abituata, senza una dirigenza, un’ equipe ed un’ausliaria. Per una volta ero tutto io!
Ora posso dire che questa esperienza riesce a darmi ogni giorno stimoli nuovi, posso dire che sto imparando molto da queste piccole e questi piccoli gnomi, che ho trovato una collega fantastica con cui sono in perfetta sintonia e questo fa tanto bene a tutto il gruppo.
Ho sentito forte il bisogno di avere questo spazio per poter costruire e per poter sbagliare.
Sento ogni giorno il bisogno di provare a non alimentare quella dinamica di dislivello tra adult* e bambin* che ero abituata a respirare nei vecchi contesti. Ho la necessità di instaurare un rapporto paritario e di crescita con queste bambine e questi bambini che stanno mettendo la loro fiducia nelle nostre mani.
E anche di essere parte insieme a i genitori di un processo di condivisione, che vuol dire sia mettersi in gioco che avere compiti e responsabilità rispetto al progetto. Un esempio banale per il quale però mi sento un ‘educatrice fortunata, è che tutte le famiglie cucinano a turno, scambiandosi consigli e seguendo percorsi mirati, ed io. oltre ad una dieta sana e corretta mangio una pappa sempre genuina e freschissima (in barba alla Milano Ristorazione).
Tutto questo percorso si basa molto sulla fiducia reciproca ed i rapporti, seppur non ci conosciamo realmente ed ognuno ha vite differenti, sono comunque diventati molto intimi e quotidiani per cui per me, da educatrice, anche il momento del colloquio individuale con le famiglie, assume un significato diverso rispetto a come ero stata abituata. Il rapporto è sicuramente più informale e più intimo, e seppur rispettando i ruoli avviene in modo molto rilassato e diventa scambio e crescita da entrambe le parti.
Soprasotto è un luogo di costruzione di buone pratiche sociali, che viene portato avanti da tutte e tutti i partecipanti e spero che questa esperienza possa essere un modello anche a fronte di un ripensamento del sistema educativo sin dalla primissima infanzia.